La scorsa settimana è stato presentato il 1° rapporto sugli italiani e la casa ad opera di Federproprietà – Censis, realizzato con il contributo scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale e in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti.
La casa si conferma come un bene primario, arricchito di nuove aspettative e significati. Il valore sociale infatti non è mai stato così alto: gli italiani da dopo la pandemia hanno consolidato il ‘vivere la casa’ non solo come il luogo domestico dell’intimità familiare, ma come un vero e proprio “centro nevralgico” di conciliazione e smistamento di varie attività e tempi di vita. La casa viene vissuta come un rifugio, fonte di sicurezza, che accoglie vecchi valori e nuovi stili di vita.
Nonostante la pressione infatti subita durante la pandemia allo stare in casa, gli italiani – 78% – continuano a passarvi la gran parte del proprio tempo libero, oltre che a lavorare da remoto – 47,1% – e a praticarvi attività legate al fitness – 43,7%. Una casa multifunzione dunque che per 1 italiano su 5 è anche luogo di cura. La casa quindi è diventata l’occasione per poter svolgere attività che altrimenti sarebbe stato difficile compiere nella stessa giornata visti gli stili di vita sempre più frenetici e concitati.
È molto interessante anche notare come si compone internamente la casa di cui ci si dichiara prevalentemente soddisfatti – 85% degli italiani – ed adatta ad accogliere i tanti bisogni quotidiani: più di un bagno, sala pranzo e soggiorno, terrazzo o giardino in prevalenza, ma anche box auto e cantina.
La ricerca sottolinea dunque la centralità della casa – e della sua proprietà – nelle vite degli italiani: circa 4 italiani su 5 sono proprietari, ma non si tratta di una condizione di privilegiata bensì trasversale alle varie fasce economiche. La casa è ancora sinonimo di stabilizzazione sociale: chi non è già proprietario, come i giovani, ambisce a diventarlo e più della metà dei genitori e nonni vorrebbe aiutare i ragazzi ad acquistare la prima casa. Quasi il 90% si dichiara tranquillizzato dall’essere proprietario dell’abitazione in cui vive.
Il valore economico tuttavia è ritenuto discordante rispetto al crescente valore sociale depositato nella casa: il 51,7% dei proprietari ritiene che il valore del proprio immobile non sia aumentato negli ultimi dieci anni. Inoltre, le spese associate all’abitazione sono un elemento che incide molto sul bilancio economico: il 76,5% dichiara che tali spese pesano molto o abbastanza sul budget familiare o personale, mentre il 71,7% degli italiani è convinto che le tasse che gravano sulla proprietà della casa siano troppo alte.
In un momento in cui crisi climatica, crisi energetica e guerra affliggono la società, gli italiani sono ancora più attenti a come il sistema casa possa contribuire ad una migliore qualità di vita sia personale che globale. Le case devono accompagnare questa transizione e si richiede dunque una progettazione per degli spazi confortevoli, funzionali, salubri e ecologici, che rispondono ai desideri e ai bisogni di chi ci vive, capaci di influenzare a loro volta gli stili di vita. Molti italiani hanno scelto di innovare il proprio modo di abitare e questo fattore influisce nella scelta della casa il cui valore non risiede tanto nel costituire un patrimonio familiare, quanto nell’essere un servizio per chi la abita. Il cohousing si rivela ancora una volta come una proposta abitativa capace di assolvere a queste esigenze attraverso degli spazi flessibili da condividere con i propri vicini di casa dove far nascere nuove relazioni, ma anche spazi di cura reciproca per una vita collaborativa e dinamica.
L’auspicio è che l’agire politico supporti questo percorso, agevolando la trasformazione del nostro patrimonio edilizio, sostenendo un percorso di rigenerazione urbana per delle case e delle città sempre più sostenibili e inclusive.