Social Spaciousness: MVRDV re-immagina il futuro dell’abitare co.
Torino, 25 Marzo
In collaborazione con lo sviluppatore HUB e l’investitore Bridges Fund Management, il gruppo di architetti MVRDV ha recentemente presentato uno studio di soluzioni abitative che riflettono alcuni degli emergenti bisogni ed attitudini sociali: condivisione, comunità, mobilità, flessibilità. Allo stesso tempo si cerca di far fronte al cambiamento climatico e alle carenti possibilità di accesso alla casa.
Secondo lo studio infatti, l’attuale crisi immobiliare globale sottolinea l’urgenza di approcci innovativi. Specialmente in Europa assistiamo a una mancanza di alloggi che incide sia sulle sfide sociali che ambientali. Le soluzioni convenzionali sono fallite, in quanto “né creano abbastanza case a prezzi accessibili, né affrontano la necessità di comunità o migliorano la solitudine”, afferma MVRDV.
“Nell’affrontare le esigenze del settore abitativo, abbiamo esaminato da vicino il modo in cui la società sta cambiando – ad. es. l’aumento delle famiglie mononucleari, la solitudine e la mancanza di comunità. Le idee che presentiamo mettono in agenda schemi di co-living come punti vibranti per i loro quartieri e città invitando le persone, non respingendole.”
Winy Maas, socio fondatore di MVRDV
Attraverso un catalogo di tipologie architettoniche, Social Spaciousness rende omaggio alla ricca storia dell’abitare collettivo e ambisce a plasmare il futuro dell’edilizia abitativa, il tutto con l’obiettivo di incoraggiare l’inclusività e l’impegno della comunità.
Le soluzioni immaginate promuovono incontri anche accidentali e sviluppano relazioni di vicinato, rafforzando non solo i legami della comunità di abitanti, ma anche quelli con il quartiere attraverso servizi aperti e fruibili come spazi di coworking, foresterie, giardini e spazi per eventi. Servizi che di cui non si potrebbe fruire nella propria casa privata diventano così accessibili, soddisfando le esigenze di una comunità di diverse forme e dimensioni.
L’abitare collaborativo diventa inoltre leva per processi di rigenerazione urbana in quanto lo studio approfondisce il riuso adattivo di edifici esistenti e abbandonati, sfruttando i caratteri architettonici della pre-esistenza. I tetti piani ad esempio possono diventare spazi di biodiversità o di vita attiva, le ‘irregolarità’ strutturali vengono sfruttate per creare inaspettati spazi incontro e gioco.
Tutte le tipologie, 15 in totale, sono modulari a favore dell’economicità della costruzione e comprendono sempre sia residenze private che spazi comuni: tra queste un “villaggio impilato” verticale in cui ogni piano possiede un carattere distinto, un “cuore vibrante” dove gli spazi collettivi sono disposti in modo da essere accessibili ad ogni livello, alla “farm verticale” dove una seconda pelle di orti offre sia mitigazione acustica e ambientale insieme alla possibilità di coltivazione diretta degli abitanti. Tutti i corridoi all’interno di queste tipologie diventano la “scena” dell’edificio, creando nuove funzioni per spazi precedentemente vuoti e spesso bui.
Strutture resilienti che diventano la piattaforma per nuovi modi di vivere più sostenibili, equi ed inclusivi.
“Questo studio evidenzia l’enorme numero di benefici che il co-living può offrire quando progettato nel modo giusto […]. Mentre è visto come una tipologia emergente in alcuni mercati, l’abitare condiviso è esistito in diverse forme nel corso della storia. Quello che stiamo guardando ora è il suo ruolo nel contesto moderno delle città e la definizione delle migliori pratiche in termini di progettazione e consegna. Il potenziale di impatto positivo può andare oltre i residenti nelle comunità più ampie, che è qualcosa che stiamo cercando di realizzare con i nostri sviluppi nel Regno Unito. Questo è ciò che vediamo come la prossima generazione di co-living: uno stile di vita a basso impatto, sostenibile e incentrato sulla comunità in case di alta qualità e ben posizionate”.
Damien Sharkey, Managing Director di HUB
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